Erano gli anni Settanta del secolo passato. Il 1972. Anche i ricordi vogliono esattezza. Mi telefona il il direttore di “Viaggi e Vacanze”, un mensile di turismo. Ti va di fotografare le conigliette di Penthouse, mi chiede. Una proposta che nessuno avrebbe rifiutato. Penthouse era la risposta di Bob Guccione al già affermato Playboy di Hugh Efner.
Pensavo a Las Vegas e mi trovo in Croazia, ancora Jugoslavia, sull’isola di Krk. Spiagge deserte, villaggi di pescatori e, nel mezzo di quella triste economia socialista, la peccaminosa e incongrua vetrina del Penthouse Adriatic Club nel Haludovo Palace Hotel. Circa quarantacinque milioni di dollari per una copia di un casinò del Nevada. Sale da gioco con roulette, tavoli di baccarat, di poker, file di slot machine.
Se a Togliattigrad, in Russia, si costruivano copie di automobili FIAT, a Krk correva insonne la pallina della roulette. Più che il volto umano del socialismo reale, un modo per incamerare, con le tasse, valuta pregiata. Pecunia non olet, dicevano i latini.
Qualche apparatčik, in odore di KGB e una folla di pensionati portati ogni settimana dagli USA con voli charter. Le signore, tutte abbondantemente sopra il mezzo secolo e con improbabili permanenti rosa e azzurre, trascorrevano buona parte della giornata a manovrare il braccio delle slot. I signori, in impeccabili tuxedo con giacca nera o bianca che neanche Sean Connery in 007, ai tavoli da gioco.
Il relax sui bordi delle piscine, nell‘andirivieni delle "conigliette" di Robert Charles Joseph Edward Sabatini Guccione detto Bob. Anch’esse arrivate con i charter dagli States. Tutte formose come da contratto, tranne una. Nella fotografia, la seconda a partire da sinistra. Cercava di ovviare con sapienti imbottiture. Veniva da uno sperduto paesino del MidWest. E.P.
