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Galeotta fu questa fotografia. La scattai nel 1962. Vinse la medaglia d’oro al concorso del CAI di Torino, dedicato alla fotografia di montagna. Fu lei a spingermi nel mondo delle immagini, dove sono ancora oggi. Quando si dice cominciare dal basso, e non in senso metaforico.

Siamo a circa 300 metri sotto terra, nell’abisso Raymond Gachè delle Alpi Marittime; un susseguirsi di vertiginosi pozzi e faticose strettoie, all’epoca in parte da esplorare.

Speleologia e fotografia erano i miei hobby di studente. In casa c’era una piccola Ikonta a soffietto: ideale da mettere nello zaino sia quando andavi sopra le montagne, sia quando ti calavi dentro. Un treppiede leggerissimo a gambe telescopiche, di una manciata di etti e un flash a lampadine al magnesio completavano l’attrezzatura.

UnaFotoUnaStoria, la fotografia speleologica di Edo Prando
Una fotocamera Ikonta a soffietto, posa T e lampadine al magnesio per uno scatto in profondità. Fotografia speleologica.

Quella che vedete fu per alcuni giorni la nostra base, alla quale tornavamo dopo aver esplorato nuovi cunicoli. Era un piccolo spiazzo alla base di un pozzo di una quarantina di metri. Le nostre ombre danzavano sulle pareti, alla luce dei beccucci ad acetilene fissati sopra i caschi.

Misi la fotocamera sul treppiede; regolai la messa a fuoco sull’iperfocale, dopo aver calcolato il diaframma in base al numero guida della lampada al magnesio; pregai gli amici di spegnere le loro lampade in modo da non avere immagini fantasma; impostai la posa T, quella che tiene aperto l’otturatore finché non la disattivi; mi sedetti un paio di metri davanti alla fotocamera, dove, in terra, avevo posato il mio casco con la fiammella accesa ma nascosta all’obiettivo, in modo che mi guidasse nel buio. Infilai una lampadina PF5 nella parabola del flash rivolta, dal basso all’alto, verso un mio collega d’avventura e premetti il pulsante che accendeva il magnesio. Ripercorsi il paio di metri a ritroso, chiusi l’otturatore.

Finalmente potemmo mangiare le nostre scatolette e accendere il fornello a gas per preparare un caffè bollente, prima d’infilarci in umidi sacchi a pelo per una meritata dormita. Dopo qualche ora, altre strettoie e altre fotografie. E.P.

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