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Otturatore e diaframma sono meccanismi molto importanti della fotocamera. Entrambi regolano la quantità di luce che andrà ad impressionare il sensore. Possiamo paragonare il primo alle ante di una finestra, che si aprono e si chiudono davanti al sensore. Più tempo le ante rimangono aperte, più luce entra e lo illumina. Il diaframma ha la stessa funzione, ma agisce in modo diverso. Non è una finestra che si chiude o si apre, ma è come un rubinetto che lascia passare un getto più o meno grande d’acqua. In questo caso il getto è di luce. Otturatore e diaframma lavorano assieme e determinano i valori della cosiddetta coppia tempo/diaframma. Il tempo si esprime in secondi e frazioni di secondo, il diaframma con numeri che indicano il diametro del foro del rubinetto.

 

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I tempi brevi sono indispensabili per scattare foto come questa. Ma non c’è bisogno di riprendere la Formula 1, per avere bisogno di tempi più brevi di 1/1000 di secondo. Qualsiasi movimento veloce, anche una persona che corre o va in bici, richiede un tempo breve. Il programma di che imposta automaticamente il tempo più breve possibile è quello denominato “Sport” e indicato, in genere, con l’icona di una persona che corre o salta. ( foto Paolo Maggi)

 

Fino agli anni sessanta del secolo passato tempi e diaframmi s’impostavano manualmente. Magari seguendo le indicazioni dell’esposimetro. Poi furono inventati sistemi sempre più sofisticati di esposizione automatica. Oggi particolari meccanismi, in base alla lettura dell’esposimetro incorporato nella fotocamera, regolano automaticamente i valori di diaframma e di tempo. Questi dipendono non soltanto dalla quantità di luce che illumina la scena da riprendere, ma anche dalla sensibilità del CCD. Le fotocamere più complete, oltre agli automatismi, permettono di regolare manualmente i valori di tempo e diaframma.

 

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Un record ancora imbattuto. Riguarda il diaframma più aperto. Lo detiene la Canon 7, fotocamera a telemetro degli anni sessanta, che poteva montare un obiettivo f/0,95

 

Non solo quantità
Un sensore, che lavora a una determinata sensibilità, ha bisogno di una determinata quantità di luce per produrre una immagine. Se la quantità è inferiore si avrà una fotografia scura o sottoesposta. Se è superiore, si avrà una fotografia troppo chiara o sovraesposta. Tuttavia non conta solamente la quantità di luce che cade sul sensore ma anche il modo con cui cade. Torniamo a immaginare una quantità non di luce, ma di acqua. Una cosa è essere colpiti da un metro cubo d’acqua attraverso un rubinetto, che ce lo fa colare addosso lentamente; un’altra essere colpiti, in una volta sola, da una valanga di un metro cubo d’acqua. Tempo e diaframma agiscono non solo sulla quantità, ma anche sulla qualità della luce. L’esempio più semplice, che tutti possono facilmente verificare, si ha scattando la stessa foto con tempi differenti.

 

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Il diaframma è generalmente costituito da una serie di lamelle che si chiudono a iride, determinando un foro centrale, più o meno ampio, attraverso il quale passa la luce. Più le lamelle sono numerose, più il foro ha la forma di cerchio perfetto e generano minori aberrazioni.

 

Più aumenta il tempo di posa, più aumenta il cosiddetto rumore di fondo della immagine, cioè la sua granulosità. Anche il valore di chiusura del diaframma influisce sulla qualità della foto. I diaframmi intermedi, di valore tra f/5,6 ed f/8 sfruttano meglio le qualità dell’obiettivo e producono immagini migliori. Diaframmi molto aperti rendono più evidenti eventuali ed inevitabili aberrazioni dell’obiettivo. Se si impostano diaframmi troppo chiusi, talora si hanno fenomeni di interferenza tra i raggi luminosi che passano attraverso il piccolissimo foro del diaframma. La qualità dell’immagine scade.

 

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Più si chiude il diaframma, più aumenta la profondità di campo, cioè la zona nitida della fotografia. Al contrario, più lo si apre, più lo sfondo risulta sfocato. E’ il caso di questa foto di un campo di papaveri. Nelle macchine fotocamere non esiste un programma specifico per questi casi. Risultati soddisfacenti si ottengono, tuttavia, impostando il programma Sport oppure Ritratto. In entrambi i casi il diaframma impostato è aperto, nel primo caso per avere un tempo veloce, nel secondo per sfocare lo sfondo. (foto PM Studio)

 

Non basta. I soggetti fotografati non sono costituiti soltanto da luce senza dimensioni. Non c’è bisogno di riprendere un auto di F1, per rendersi conto che il movimento del soggetto è importante e il risultato cambia col variare del tempo di scatto. E che dire del diaframma che, secondo il suo valore, offre una zona a fuoco più o meno ampia? Quella coppia tempo/diaframma, che pareva così semplice, si rivela piuttosto complicata.

 

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Per avere foto come questa basta riprendere di notte una strada trafficata. Il tempo di esposizione sarà lungo e le scie luminose garantite. Secondo il tempo impostato si avranno scie luminose più o meno lunghe. Sono quelle dei fanali delle automobili. E’ consigliabile scattare la foto appena dopo il tramonto, quando il cielo è ancora un po’ illuminato. In caso contrario, invece di un blu profondo, risulterà completamente nero. Foto come questa si possono fare con qualsiasi fotocamera.  Per chi vuole usare un programma automatico si consiglia di usare quello per Panorami. Imposta un diaframma chiuso, quindi un tempo relativamente lungo.

 

L’importanza del tempo
La regola più semplice e banale suggerisce di usare un tempo di scatto veloce, se si desidera che il soggetto appaia, nella foto, ben fermo. E’ quanto si fa di solito, quando si fotografa una corsa di auto, di moto e lo sport in genere. Non bisogna, però, fermarsi al luogo comune. Il mosso fa parte del linguaggio fotografico. Un accorto uso dei tempi lunghi può produrre immagini mosse belle e accattivanti. Spesso più di quelle ottenute con tempi brevi. Va da sé che più il tempo è breve, più il diaframma dovrà essere aperto, per avere la stessa quantità di luce, necessari a impressionare correttamente il sensore.

 

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Le foto a distanza ravvicinata richiedono sempre un diaframma molto chiuso. Più ci si avvicina al soggetto, più diminuisce la profondità di campo. A questo bisogna ovviare chiudendo il diaframma. E’ sempre consigliabile usare la luce del flash, per schiarire le ombre. Tutte le fotocamere posseggono il programma Ripresa Ravvicinata. ( foto PM Studio)

 

Finora si è parlato solo del tempo di scatto. Non è il solo tempo da considerare. Se si fotografa con il flash, è importante anche il tempo di sincronizzazione. Il lampo del flash dura un attimo, talora inferiore al millesimo di secondo. Deve scoccare in quella, piccolissima, frazione di secondo durante il quale l’otturatore è completamente aperto e scopre tutta la superficie del sensore. Per ragioni costruttive non si possono ottenere otturatori con tempi di sincronizzazione brevi a volontà. Le fotocamere migliori non possono sincronizzare a tempi inferiori a 1/250 di secondo. Le altre, a 1/125 o anche meno. Naturalmente si possono usare tempi di sincronizzazione inferiori. La cosa non ha importanza se si usa il flash solamente quando è buio.

 

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Diaframma molto chiuso e flash in TTL. Questo il segreto di una foto in cui il soggetto sial al tempo stesso , sia mosso sia fermo. L’immagine mossa è data dalla esposizione della luce ambiente, quella ferma è data dalla brevissima luce flash, che “congela” i movimenti. (foto PM Studio)

 

Cambia se lo si usa anche di giorno, per schiarire le ombre o per ottenere particolari effetti di doppia esposizione: luce ambiente e luce flash. Usando tempi di sincronizzazione lunghi, inferiori a 1/30 di secondo, si ottiene una doppia immagine del soggetto. Una, mossa, è determinata dal tempo di posa lungo; l’altra, ferma, è causata dalla brevità del lampo del flash, che ha “ congelato” il soggetto.

 

Importanza del diaframma
Più si chiude il diaframma, più aumenta la profondità di campo, cioè la zona nitida che si estende davanti e dietro al soggetto inquadrato. La particolarità può essere usata non solo per avere a fuoco tutto quanto è nella fotografia. Spesso non conviene avere tutto a fuoco. E’ più utile lasciare poco nitidi i particolari che distrarrebbero l’attenzione dal soggetto aprendo molto il diaframma. Il fotografo accorto non lascia la scelta del diaframma al caso, ma tiene conto di questa legge dell’ottica che, spesso, consente di fare a meno della messa a fuoco automatica.

 

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Non basta impostare il programma Foto sportiva per avere immagini come questa. E’ sempre consigliabile esporre manualmente, con il tempo più breve offerto dalla fotocamera. Non bisogna, comunque scendere sotto 1/1000 di secondo. (foto PM Studio)

 

Se si vuole essere sicuri di avere tutto a fuoco basta usare la cosiddetta iperfocale. Cioè impostare un diaframma molto chiuso, che permetta di avere tutto a fuoco, da pochi metri fino all’infinito. La tecnica è ben conosciuta dai fotoreporter. Raramente si affidano all’autofocus, ma regolano, sulla focale grandangolare, un valore di diaframma intorno a f/11 e un punto di messa a fuoco di circa cinque metri. Ciò consente di avere tutto nitido a partire da una distanza di circa due metri, fino all’infinito.

 

Com’è fatto l’otturatore
L’otturatore è il dispositivo che, aprendosi e chiudendosi, permette alla luce di raggiungere il sensore. Non è costruito nella stessa maniera per tutte le fotocamere. Quelle di minore pregio hanno otturatori molto semplici. A volte è una semplice saracinesca che si alza e si abbassa davanti alla finestrella del sensore. Quelli più complessi sono i cosiddetti otturatori a tendina, che equipaggiano le reflex a ottica intercambiabile e le compatte di pregio. Un complesso meccanismo elettronico e meccanico, aziona due tendine che, scorrendo davanti alla finestrella del sensore, determinano una fessura, più o meno larga. La fessura scorre davanti alla finestrella, impressionando via via la superficie del sensore. Il tempo di esposizione non è dato solamente dalla velocità, con cui la fessura passa davanti alla superficie, ma soprattutto dalla sua ampiezza, che è regolabile. Più la fessura è stretta, più il tempo di esposizione è breve.

 

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Nello schema si vede esemplificato il funzionamento dell’otturatore a tendina. Le tendine sono due e determinanop una fessura, che scorre davanti al sensore. La grandezza della fessura e la sua velocità di scorrimento determina il tempo di esposizione.

 

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Una esercitazione notturna di pompieri, due giovani che ballano in discoteca. In entrambi i casi la fotocamera era una compatta, usata con il programma Fill Flash. Data la illuminazione scarsa il tempo impostato dalla fotocamera era di alcuni secondi, per questo le zone illuminate hanno prodotto scie luminose. Il flash ha poi illuminato e i soggetti e ne ha bloccato i movimenti. (foto PM Studio)

 

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Com’è fatto il diaframma
La forma più semplice di diaframma è una lastrina forata, con buchi di diametro differente, posta tra le lenti dell’obiettivo. Questo era il modello di diaframma usato nelle prime macchine fotografiche. Si faceva scorrere manualmente la lastrina e si portavano i fori, corrispondenti alle varie misure di diaframma, ad ostruire il flusso di luce diretto verso la pellicola. I moderni otturatori sono costituiti da tante sottilissime lamelle, disposte a iride. Quando si aziona il dispositivo a iride, le lamelle si aprono o si chiudono, determinando un foro più o meno ampio. Più le lamelle sono numerose, più il lume del foro si avvicina alla forma perfetta del cerchio. E’ quella che, secondo le leggi ottiche, dà i risultati migliori.

 

I valori della coppia
Quando, nella didascalia di una foto, leggiamo che è stata realizzata a 1/250” f/5.6 non dobbiamo pensare a un rebus. Si tratta dei valori del tempo e del diaframma. Per convenzione il tempo si indica sempre prima del diaframma. Si esprime in frazioni di secondo. Il diaframma si indica con i numeri di una scala in progressione geometrica di ragione –come dicono i matematici- V2. In altre parole: la progressione è la seguente: 1-1,4-2-2,8-4-5,6-8-11-16-22-32....ecc. Da rimarcare che più grande è il numero di diaframma, più piccolo è il foro determinato dal meccanismo del diaframma. L’apertura massima, o luminosità massima che un obiettivo può avere dipende dalla sua lunghezza focale e dal diametro della lente frontale. Più grande è la lente frontale, e più corta è la focale, maggiore sarà l’apertura massima. Il valore di apertura si ottiene dividendo la focale dell’obiettivo per il diametro del foro del diaframma.

 

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Tutti possono, al mare, ottenere foto come questa.  Basta impostare un tempo breve, non inferiore a 1/1000 di secondo, usare la focale tele e fare in modo che lo sfondo sia più scuro del primo piano. (foto PM Studio)

 

Curiosità
Lo sapevate che...
...la scala dei valori di diaframma fu standardizzata e resa valida in tutto il mondo al congresso scientifico di Liegi del 1905?
...i primi obiettivi avevano un solo valore di diaframma?
...l’obiettivo fotografico più luminoso di tutti i tempi fu proposto da Canon negli anni sessanta del secolo passato. Equipaggiava la fotocamera a telemetro Canon 7, aveva lunghezza focale di 50 mm e apertura di f/0,95
...i primi otturatori erano... il cappello del fotografo messo e tolto dall’obiettivo?
...già nell’ottocento esisteva un otturatore in grado di fornire il tempo di 1/4000 di secondo? Equipaggiava la fotocamera a lastre Jumelle Sigriste.

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