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Forse non è un caso. Lo studio di Flavio Bandiera, fotografo torinese, è in Corso Casale al civico 296, poco distante dalla casa dove visse Emilio Salgàri. Sia il fotografo di oggi, sia lo scrittore di ieri guardano al mondo: quello oltre la cerchia di montagne che fanno da corona alla capitale del Piemonte. Lo scrittore, che mai si mosse dalle rive del Po, viaggiò attraverso le pagine dei libri. Il fotografo, figlio del proprio tempo, viaggia attraverso internet. E non solo. A Salgàri bastava una risma di carta e una penna per soddisfare i clienti, cioè i lettori. Bandiera deve viaggiare per scrivere, con la luce, le storie felici dei suoi clienti. E’ affermato fotografo di matrimonio. Scorri le pagine del suo sito e leggi i pensieri degli sposi che sono passati davanti al suo obiettivo.



“Complimenti davvero! Siete stati la scelta più azzeccata di quel giorno (oltre a quella del marito!!) Vi ringrazio infinitamente di tutto...” scrive una Mariateresa.

“The weather on the day of the wedding was not ideal but I know that if any photographer could work magic to make the photos turn out well, it’s you! All of my guests were so impressed with your team” si complimenta, poco sotto, una Meredith.

Certo: mai chiedere all’oste se il suo vino è buono, ma non sono le lodi che interessano. E’ la loro provenienza da svariati Paesi.
Per dirla con un neologismo che oggi va di moda, Flavio Bandiera è “glocal”: dal locale di quella città un po’ scartata, in alto a sinistra sulla carta dell’Italia, guarda al globale di tutto il mondo. Un occhiata al suo sito è istruttiva, specie per quanti pensano la foto di matrimonio attività di serie B, nel panorama della professione. Non sono le immagini solamente a interessare, ma anche la loro presentazione, il nitore e la chiarezza delle proposte. Anche le proposte commerciali, perché il fotografo, quello vero, non è mai genio e sregolatezza ma sapiente artigiano manager di sé stesso.

Flavio Bandiera

foto © Flavio Bandiera


Lo incontro nell’accogliente penombra del suo studio, arredato con elegante gusto minimale e dominato da un cospicuo schermo, nel quale girano le foto del portfolio.

“La fotografia di matrimonio – inizia –è un campo controverso. Quella attuale è figlia di considerazioni fotografiche esordite nei passati anni ottanta. C’era chi vi si dedicava con taglio professionale e chi s’improvvisava. La mia formazione professionale deriva dagli insegnamenti di mio padre, negli anni sessanta del secolo appena trascorso affermato fotografo torinese di pubblicità e paesaggio. Non mi entusiasmava la vita di studio, le inevitabili mediazioni con le agenzie. Per me la professione di fotografo doveva esplicarsi in maniera dinamica, non statica come lo still life e dintorni. Negli anni novanta ebbi la fortuna di incontrare colleghi/maestri che mi fecero vedere altri ambiti fotografici. Scoprii che fotografare le persone era la mia passione, così come la continua ricerca di un mio stile fotografico. Con la foto di matrimonio fu amore a prima vista…”

Chi è interessato alle persone, in genere, si applica al reportage. C’è una vasta mitologia sull’argomento. A partire dal fotografo cavaliere bianco, raddrizzatore di torti.

“…il mio percorso professionale è stato quello di uno sconosciuto fotografo, che iniziava negli anni novanta e che cercava uno stile riconoscibile. Uno stile da reportage. A vent’anni accompagnavo mio padre, che fotografò e scrisse su popolazioni del Nord Africa. Mi cimentai anch’io nel reportage. Ma questo genere è rimasto una passione, non si è trasformato in un mestiere. Una passione, tuttavia, che mi ha permesso di travasare nel mio attuale mestiere esperienze e ricerche. Per questo dico che le mie foto di matrimonio, in realtà, sono reportage. E’ questa la mia cifra. Quella che mi ha fatto conoscere e identificare in uno stile. Chi mi chiama per un servizio di matrimonio non vuole posare, ma avere un testimone attento dell’evento. Un testimone poco invadente che sappia cogliere momenti irripetibili. Come nel reportage….”

Flavio Bandiera

foto © Flavio Bandiera


Oggi la fotografia non ride. Per molti, quella di matrimonio, piange. Tu, che fai solo matrimoni, sorridi.

“… credo che la mia esperienza sia esemplificativa della situazione attuale del fotografo di matrimonio. Secondo me non è la fotografia di matrimonio in sé, ad essere in crisi, è il modo con cui la si deve affrontare che è cambiato.  Oggi bisogna dedicarsi a questa specializzazione con moltissima professionalità e con uno stile molto caratterizzato. Uno stile che ti faccia riconoscere. Grazie a questa impostazione il mio studio è in costante crescita. Ciò mi ha “obbligato”, in tempi recentissimi, a mettere su una vera e propria struttura di lavoro, basata anche su collaboratori  “contaminati” da quello che è il mio stile. E’ il Flavio Bandiera Studio. Offriamo un prodotto ben identificabile e anche una doppia proposta per i clienti: la foto cosiddetta d’autore realizzata da me in prima persona, oppure quella del mio Studio…"

In tempi in cui basta fare una mostra alla bocciofila di quartiere per pretendere la patente di “artista”, è musica udire serie parole da artigiano: prodotto. Non lo stantio e pretenzioso “opera”. Prodotto, cioè una cosa che fai con le tue mani e ci metti amore, cura, sapienza, fatica, competenza per accontentare il cliente. E’una persona che apprezza il tuo lavoro ed è disposto a pagarlo e perciò deve avere il meglio della tua produzione. I grandi pittori del Rinascimento avevano bottega e assistenti e ci hanno lasciato quadri fatti in prima persona oppure dai loro allievi.

“…questo mio modo di organizzare lo studio mi vede lavorare molto in prima persona all’estero o con clienti che vengono a sposarsi in Italia dall’estero, mentre i miei assistenti lavorano prevalentemente a livello locale…”.

In tempi in cui molti fotografi di matrimonio stentano a sopravvivere, parlare di clienti esteri fa un certo effetto. E suscita curiosità sul modo di acquisirli.

“….non è merito di conoscenze particolari o di aiuti esterni. E’ il risultato del lavoro svolto negli ultimi vent’anni in maniera assidua e professionale e anche dell’uso dei nuovi mezzi di comunicazione. Se hai un buon sito su internet puoi contare su una vetrina aperta su tutto il mondo. E’ proprio questa vetrina che mi ha fatto conoscere all’estero e in tutt’Italia. Questo ha innescato il passa-parola. Hanno contato i riconoscimenti internazionali al mio lavoro. Ciò mi ha permesso avere contatti con Case fotografiche per seminari, workshop. Insomma, pian piano è partito un volano di richieste…”.


Flavio Bandiera

foto © Flavio Bandiera



Internet e moderni mezzi tecnologici. Bandiera, tuttavia, non è un appassionato digitale della prima ora.

“…il mio passaggio al digitale è avvenuto nel 2005. Prima usavo pellicola e fotocamere di medio formato. Era la scuola vecchio stampo di mio padre: esclusivamente Hasselblad  e lettura della luce a occhio, senza strumenti. Una grande scuola. Mi ha insegnato a capire la luce, a farci l’occhio e a operare velocemente in qualsiasi contesto. Esperienza fondamentale per la foto di matrimonio, che ti mette di fronte a situazioni molto diverse che devi risolvere in tempi brevissimi. Gli automatismi non possono sostituire l’esperienza. Dopo quindici anni di Hasselblad, nel 2005 mi sono concesso il passaggio al digitale: Canon 5D e relative ottiche. La difficoltà maggiore l’ho incontrata non nel digitale ma nel formato. Dopo anni di composizione quadrata con il 6x6 di Hasselblad, affrontare il 24x36 della Canon 5D mi ha spiazzato. E mi ha obbligato a modificare il mio stile di ripresa e il modo di vedere l’inquadratura: non più nel quadrato ma nel rettangolo….”

Oramai il digitale non è più in discussione. Tuttavia c’è ancora chi rimpiange la vecchia pellicola.

“…per i cultori del passato la fotografia tradizionale può sopravvivere. La questione vera non è contrapporre l’analogico al digitale. La fotografia migliore è quella che offre più emozioni, indipendentemente dalla tecnologia usata per realizzarla. Non rimpiango il fascino dell’antico né sono innamorato del fascino del moderno. Diciamo che ho travasato l’esperienza fatta con il tradizionale nell’ ambito del digitale. Se, oggi, posso permettermi il lusso di offrire immagini con elaborazioni impensabili nel passato è possibile anche grazie agli insegnamenti di quel passato. Il digitale ha cambiato molto la professione, per lo più in positivo. Non tornerei indietro…”.

Alle spalle hai una ventina d’anni d’esperienza, hai creato un affermato Studio, hai vinto numerosi premi e riconoscimenti internazionali. I numeri per consigliare un giovane che volesse dedicarsi a questa professione li hai tutti.

“…guardo con molta curiosità chi inizia oggi. Penso che parta svantaggiato per non aver avuto, come quelli della mia età, l’esperienza della fotografia tradizionale: la camera oscura, il banco ottico. In ogni caso consiglierei di avere una dedizione assoluta al lavoro che ha scelto, approfondendo sia l’aspetto creativo, sia quello culturale della professione. Ogni scatto porta dentro quanto sei, la tua formazione, la tua storia, il tuo spessore. Non importa il genere fotografico, importa crescere, crescere dentro. Esiste, poi, l’aspetto commerciale della professione: per nulla secondario e trascurabile. Da buon imprenditore devi decidere il tuo posizionamento sul mercato, il tipo d’investimenti che i tuoi obiettivi comportano…”


Flavio Bandiera

foto © Flavio Bandiera



Un fotografo può crescere culturalmente e professionalmente interessandosi solamente di fotografia?

“…un buon fotografo non deve leggere o guardare solo libri di argomento fotografico. Più che erudizione specifica deve avere apertura mentale e curiosità. C’è differenza tra chi sta chiuso nella sua professione e chi si apre al mondo, viaggia, osserva, curioso di quanto lo circonda…”

La formazione di un professionista è importante. Oggi chi la fa?

“…servirebbero buone scuole. Da noi non sono così frequenti come in altri Paesi. Abbiamo un paio di strutture private e basta. Frequentarle costa e non tutti possono permetterselo. Anche gli workshop servono a fare formazione. Oggi ce n’è un fiorire e bisogna saper scegliere. Soprattutto rendersi conto che sono momenti in cui incontri una persona, il docente, che può lasciarti dentro qualcosa. Non sono soltanto l’occasione per scattare foto. Frequentare con intelligenza un workshop significa capire il percorso fatto dal docente per diventare quello che è. Con questo spirito anch’io frequento seminari tenuti da professionisti che ammiro e di cui m’interessa capire il lavoro. Questo vorrei fosse lo spirito di chi frequenta anche gli workshop che tengo io. Spesso chiedo ai miei allievi di lasciare la macchina fotografica in borsa…”


Flavio Bandiera

foto © Flavio Bandiera



L’imprevisto fa parte della routine del matrimonialista. Vent’anni di professione sono anche una miniera di aneddoti. Raccontacene uno.

“…Trieste, luglio 2008 – racconta – un importante cuoco tedesco si sposa con una ragazza bulgara. Nozze solamente civili, in Comune, ma non per questo sotto tono. Tutto previsto alla grande. Tranne gl’imprevisti, anche questi alla grande. Gli sposi sono in albergo, scatto le foto della preparazione della sposa, e quelle di contorno. Poi, con gli sposi, tutti in ghingheri, prendiamo l’ascensore. Un bel ascensore, primi novecento, con vetri e specchi. Giornata caldissima.

L’ascensore inizia la discesa e…si blocca tra due piani. Trentacinque minuti chiusi là dentro, con il trucco della sposa che si scioglieva e la paura di non arrivare in tempo in Comune. Ho scattato delle belle foto di reportage, ma gli sposi ne avrebbero fatto a meno. Sbloccano l’ascensore, ci si precipita in Comune. Gli sposi, più rilassati, pronunciano il sì. Usciamo per ricevimento, organizzato all’aperto sul terrazzo di un ristorante proprio sulla diga del porto. Gli sposi arrivano e, insieme, arriva anche un ospite inaspettato: la bora. Cinque minuti di un volar di tavoli, tovaglie, stoviglie. I solerti camerieri riapparecchiano all’interno del ristorante e, sebbene in ritardo, il ricevimento si svolge secondo il programma fino alla torta…che non c’era. Il ristorante aveva capito che l’avrebbe portata lo sposo, noto cuoco. Panico, sposa sull’orlo di una crisi di nervi, invitati perplessi. Per fortuna, tra gl’invitati dello sposo molti erano suoi colleghi. Si precipitano nelle cucine per riemergere, dopo qualche tempo, con una bellissima e improvvisata torta. Malgrado tutto, quello è riuscito uno dei miei più bei servizi di matrimonio.

E per finire: come ti organizzi per la ripresa di un matrimonio?

I miei servizi di matrimonio sono sempre a quattro mani, nel senso che mi valgo dell’opera di un assistente. D’accordo con il cliente delego a lui la parte ufficiale della cerimonia; i momenti che non possono comunque mancare: lo scambio degli anelli, le firme sul registro, il taglio della torta e così per tutti gli altri momenti topici. In questo modo io sono libero di concentrarmi sulla parte più creativa del servizio. Ho la massima libertà di fare quello che voglio: azzardare inquadrature inconsuete, seguire un filone espressivo particolare. Non è detto che anch’io non mi dedichi anche alle foto classiche, però ho la libertà di interpretarle come voglio. Lavoro spesso sulla prospettiva, scegliendo inquadrature dall’alto, dal basso, inquadrature molto dinamiche specie per la prospettiva fornita da ottiche grandangolari.  Cerco sempre di passare inosservato, di mimetizzarmi. Spesso scherzo col cliente affermando che gli metto a disposizione la mia…assenza.
I miei clienti mi adorano perché non sono invadente: chiedo loro solamente cinque minuti per i ritratti. Non rapisco gli sposi facendo attendere gli invitati al ristorante. Spesso arriviamo al ristorante prima noi degli invitati. Questo modo di lavorare mi permette di offrire una copertura totale dell’avvenimento sia con le riprese tradizionali, sia con quelle più creative. Negli ultimi anni è aumentata la richiesta di foto più creative. Spesso c’è chi mi chiede due album: un più creativo e l’altro più tradizionale. Quello creativo è da tenere per sé, quello tradizionale, in genere con meno pagine, è per …le zie. Alcuni clienti non vorrebbero nemmeno le foto classiche, ma io le faccio lo stesso perché, comunque, fa sempre piacere avere il ricordo dei momenti clou della cerimonia. Un mio album del tipo creativo contiene circa novanta immagini, mentre quello tradizionale una trentina. E’ una minima parte delle immagini realizzate. Sommando i miei scatti e quelli dell’assistente arriviamo anche a più di tremila. Poi c’è un gran lavoro di scelta e si arriva ad avere circa quattrocento immagini, tra le quali si scelgono quelle destinate all’album: un centinaio.
La maggior parte delle mie foto sono realizzate in luce naturale. Ciò mi consente di essere poco invadente. Mi sforzo sempre di cogliere tutte le possibilità che offre la luce ambiente, anche se è un modo di lavorare faticoso e difficile. In questo mi è di grande aiuto l’esperienza di fotografo analogico, obbligato dal padre a “leggere” la luce a occhio, senza esposimetro. La luce artificiale, sia del flash sia di faretti a luce continua, mi serve a volte per dare un tocco di creatività ai ritratti, ad aiutare un po’ la luce già a disposizione. Mia caratteristica è cercare di utilizzare il più possibile la luce naturale. Da questo punto di vista il digitale offre opportunità impensabili al tempo della pellicola. A volte lavoro a tremila ISO per cogliere il più piccolo barlume di luce. Il resto, poi, lo farà il software. Il lavoro di post produzione, per me, non è un sovrappiù, ma fa parte integrante dello scatto, che è sempre eseguito tenendo conto anche di come verrà lavoratio in post produzione. Diciamo che 60% del lavoro è al momento dello scatto e il restante 40% davanti al computer. Sono convinto che gl’interventi di post produzione non debbano essere una toppa che metti ad una foto poco riuscita. Anche con la fotografia tradizionale il fotografo bravo considerava i parametri della ripresa in rapporto a quelli dei trattamenti di camera oscura. Per questo motivo, nel mio studio, ognuno fa la post produzione delle foto che ha scattato. Lavorassimo ancora con la pellicola anch’io starei in camera oscura a sviluppare e stampare i miei negativi.
Per quanto riguarda lo stile, l’approccio, diciamo creativo, posso dire che dimentico raramente, comunque sempre a ragion veduta, le regole della composizione. Anni di fotogramma quadrato Hasselblad non passano invano. Alterno a composizioni statiche, eredità Hasselblad, composizioni più dinamiche, proprie del formato rettangolare 24x36. Quello che, col digitale, chiamiamo pieno formato. Per quanto riguarda taglio e composizione rimango molto sul tradizionale, mentre per quanto riguarda la post produzione cerco di carpire i segreti delle immagini di tendenza. Il risultato è spesso un’immagine fashion. I miei soggetti non sono modelli, ma persone normali che, almeno per un giorno, desiderano vedersi al meglio. Magari anche un po’ ingannarsi. Il mio compito è tirare fuori la bellezza che c’è in ognuno di noi. Per quanto riguarda l’attrezzatura uso Canon e relative ottiche, dal grandangolare da 24mm al tele da 400 per ottenere particolari effetti. Spesso ho fatto un matrimonio solo col 24mm. Un obiettivo che permette di costruire immagini molto dinamiche.




Flavio Bandiera

foto © Flavio Bandiera



Chi è Flavio Bandiera

Nato nel 1970 a Torino, respira da subito aria di fotografia. Suo padre è un affermato fotografo pubblicitario. Dopo gli studi va “ a bottega” come assistente presso alcuni professionisti che operano nel campo della pubblicità, dello still life, del ritratto. Acquisisce le tecniche di ripresa e di camera oscura necessarie per operare professionalmente. L’incontro con la fotografia di matrimonio avviene verso la metà degli anni novanta, quasi per caso. E’ subito passione. Negli anni successivi dedica interamente la sua vita professionale a questo settore. E’ fondatore della prima associazione di fotografi di matrimonio in Italia, la ANFM e della Best of Wedding Photography. E’ membro delle maggiori associazioni internazionali di matrimonio: WPJA, SWPP, WPPI.  Dal 2010, è responsabile nazionale per i professionisti italiani che operano nel campo del matrimonio nell’ambito del FIOF (Fondo Internazionale Orvieto Fotografia). La sua opera nel mondo della fotografia di matrimonio gli è valsa numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali: Menzione d’Onore Tau Visual, QIP Wedding, Fotografo dell’Anno FIOF, Gold Award. Attualmente fotografa e partecipa come speaker a seminari in tutto il mondo.

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