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Apotropaico, dal greco αποτρέπειν, allontanare. “Aggettivo che designa tutto ciò che serve ad allontanare o frustrare un’influenza malvagia...”. Così recita la Treccani.

Indubbiamente apotropaici sono certi vezzi coltivati nel nostro orticello fotografico. Può essere una sciarpetta, un cappelluccio, una fotocamera. Personalissimi tic che diventano mode, tabù da non infrangere. Come il tatuaggio, il taglio dei capelli del calciatore famoso che dà il via ai suoi replicanti.

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E’ voglia di fama, senza averne la capacità. E allora sono personaggi, felici e sconosciuti, che girano per i luoghi deputati della fotografia, mostre prima di tutto, con cappellucci di due taglie più piccoli; pashmine e kefia che fanno tanto inviato speciale; fotocamere demodé al collo, che ricordano tanto il famoso Maestro.

Apotropaici loro malgrado, sperano di allontanare le influenze malvagie che non li vogliono famosi e importanti come si ritengono. O come vorrebbero essere. E gli altri, gli apotropaici master, per dirla con termine fotografico? Già essere imitati è un successo. L’abito non fa il monaco, recita un antico detto. Però aiuta, aggiungiamo maliziosamente oggi. E.P.

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